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Le azioni a tutela del possesso

Le azioni a tutela del possesso

Cos’è il possesso:

Prima di vedere le azioni a tutela del possesso cerchiamo di capire cosa esso sia. L’Art. 1140 del codice civile cita: Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.

Dalla descrizione della norma emerge chiaramente cosa è il possesso: è un potere che si manifesta su un bene.

Spesso e volentieri il possesso corrisponde alla proprietà ma come nell’esempio che segue, potrebbe accadere che possessore e proprietario di un bene siano due soggetti differenti. Esempio: Tizio ha rubato una bicicletta a Caio e la utilizza. Tizio non è proprietario ma ne ha il possesso.

 Il possesso, presuppone comunque l’esistenza di due elementi giuridici fondamentali:

  • il potere di fatto sulla cosa, un controllo diretto sul bene, denominato corpus possessionis (ho la bicicletta con me)
  • l’intenzione e la volontà di comportarsi da proprietario, denominato animus possidendi.

Differenza con la detenzione.

Nella detenzione manca il secondo elemento: l’animus possidendi, la volontà di comportarsi come proprietario. Es: lascio la mia vettura presso un garage. Il garagista è detentore della mia auto ma non è possessore.

Caso particolare. Il possesso in buona fede.

Tizio ruba la bicicletta e la rivende a Carlo. Carlo non sa che la bicicletta è oggetto di furto e non apparteneva a Tizio. In questo caso Carlo è un possessore in buona fede, in quanto ai sensi dell’art. 1147 del codice civile possiede la bicicletta ignorando di ledere un diritto altrui.

Azioni a tutela del possesso.

Possono accadere dei fatti che vadano a ledere l’esercizio regolare e pacifico del mio potere sulla cosa, come ad esempio la sottrazione di un bene. In poche parole, tutti quegli eventi che impediscono il mio potere di possedere o che pregiudichino lo stesso rientrano nella casistica di spoglio del possesso o di molestia del possesso. Il mio diritto al possesso viene pregiudicato e condizionato da un evento esterno di un soggetto terzo che non aveva alcun potere sul bene da me posseduto. Da qui, derivano i due rimedi per eccellenza a tutela del possesso:

  • l’azione di reintegrazione;
  • l’azione di manutenzione.

Le azioni a tutela del possesso: la reintegrazione. 

L’azione di reintegrazione è un rimedio possessorio che spetta a chi è stato privato con la violenza ovvero in maniera occulta (senza che se ne sia accorto) del possesso. Tale azione può essere esercitata entro un anno dall’evento che ha leso il mio possesso e sarà volta contro il soggetto che è l’autore della privazione. A questo soggetto chiederà di reintegrare il mio possesso. L’art. 1168 comma 1 del codice civile prevede che “chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso, può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo.” È quindi fondamentale che ci sia stata la privazione del possesso e che questa sia avvenuta con violenza o con clandestinità.

Le azioni a tutela del possesso: l’azione di manutenzione.

“Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili può, entro l’anno dalla turbativa chiedere la manutenzione del possesso medesimo.”

Rispetto all’azione di reintegrazione, come dicono i termini stessi, il possessore in questo caso ha subito un attacco ai propri beni ma non ha subito alcuno spoglio violento o clandestino. Ha, in sostanza, resistito allo spoglio. Ha subito un disturbo vero e proprio, una molestia nell’esercizio del proprio diritto. L’azione è esperibile sempre entro l’anno.

In che modo si esperiscono le azioni.

Dal punto di vista pratico l’art. 703 del codice di procedura civile prevede che le domande di reintegrazione e manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente. Il giudice competente è quello del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato. Il giudice, dopo aver ricevuto il ricorso provvederà ai sensi dell’art. 669 bis e seguenti ovvero ai sensi della normativa in materia di procedimenti cautelari. Il giudice emetterà quindi un’ordinanza che accoglie o respinge il ricorso e avverso detta ordinanza sarà possibile effettuare un reclamo. Qualora richiesto dalle parti, entro 60 giorni, il giudice potrà fissare dinnanzi a se l’udienza di prosecuzione del giudizio di merito: inizierà quindi un procedimento di cognizione in cui verranno valutate le prove, le istanze istruttorie fino alla sentenza che accerterà o meno l’esistenza del diritto e la sua tutela effettiva.

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