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Il licenziamento: come impugnarlo

Il licenziamento: come impugnarlo

Definizione breve                                                                                                                             

Il licenziamento, nel mondo del lavoro, è l’atto con il quale si pone fine al rapporto di lavoro. E’ un atto che viene emesso dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore al fine di recedere in maniera unilaterale dal rapporto lavorativo esistente. Se fosse il lavoratore a “licenziarsi” si parlerebbe di recesso, meglio noto come dimissioni. La disciplina del licenziamento ed in generale il diritto del lavoro hanno subito negli anni della Repubblica Italiana un’infinità di aggiornamenti, di modifiche, di eventi normativi, tutti finalizzati a contemperare il diritto del datore di gestire la propria azienda senza pressioni esterne da una parte e quello del lavoratore a mantenere il proprio posto di lavoro dall’altra.

E’ la nostra costituzione, congiuntamente a tutte le più note carte dei diritti, a tutelare in ogni modo il lavoro, in quanto esso esplica in maniera incontrovertibile la dignità e la libertà sociale e personale di un essere umano.

Il recesso libero del datore di lavoro: categorie particolari di lavoratori

Se la normativa oggi in vigore prevede che il datore possa licenziare il lavoratore solo in casistiche ben delineate e soprattutto con enormi limiti sia nella sostanza che nella forma, esistono delle forme di lavoro e delle occupazioni in cui il recesso è libero. Il recesso libero da parte del datore è possibile nei confronti dei soggetti apicali di un’azienda, i dirigenti, ai lavoratori che si trovano nel periodo di prova (non hanno tutele avverso il licenziamento), ai lavoratori domestici (colf, badanti, camerieri privati in virtù del rapporto fiduciario), agli sportivi e agli atleti di professione e ai lavoratori che abbiano superato una soglia di età tale da avere i requisiti necessari per il prepensionamento. In tutti questi casi il recesso libero è conosciuto con il nome legale di recesso ad nutum.

Il licenziamento e i suoi requisiti in pillole

Nei rapporti di lavoro indeterminato al fine di procedere al licenziamento è necessario per il datore rispettare alcuni requisiti sostanziali e formali.

I requisiti sostanziali sono:

  • Giusta causa: adottabile per i licenziamenti nei contratti a tempo determinato, prevede che vi sia una causa che impedisca al datore di proseguire il rapporto contrattuale. Può dipendere dalla condotta del lavoratore nel caso in cui questo violi alcuni obblighi del rapporto contrattuale o faccia venire meno il rapporto fiduciario con il datore. Non vi sono tempi di preavviso, è immediato e deve avere le caratteristiche di immediatezza e tempestività. Es: il lavoratore contravviene ad una regola importante dell’azienda, dovrò licenziarlo in un lasso di tempo breve che ponga la sua condotta in un rapporto di causa effetto con il provvedimento di licenziamento. Non potrò attendere due mesi per licenziarlo. Nella maggior parte dei casi è un licenziamento che ha natura disciplinare.
  • Giustificato motivo soggettivo: si utilizza nei confronti dei lavoratori a tempo indeterminato e prevede un periodo di preavviso. Non è quindi immediato. Il preavviso è tipicizzato dai contratti collettivi nazionali di lavoro ed è quindi legato al tipo di attività del lavoratore e al suo livello di impiego.  Anche questo, come quello per giusta causa ha una natura di licenziamento disciplinare. Sarà quindi necessario per il datore contestare formalmente (atto scritto) il comportamento addebitato e garantire al lavoratore sia la difesa sia la possibilità di impugnare il provvedimento stesso.
  • Giustificato motivo oggettivo: a differenza dei primi due, questo licenziamento non ha nulla a che fare con il comportamento del lavoratore. Piuttosto attiene a delle esigenze dell’azienda di carattere meramente oggettivo. Riorganizzazione del lavoro, modifiche sostanziali della produttività, scelte societarie dell’impresa: classici esempi sono la chiusura di uno o più stabilimenti o sede, la fusione societaria, la chiusura ovvero il trasferimento di un ramo d’azienda. In tali casi, quindi, dietro prova specifica che essi si siano avverati e siano fondamentali, il datore potrà provvedere a licenziare il lavoratore.

I requisiti formali sono:

Il primo e forse più importante requisito formale è inerente alle modalità di comunicazione del licenziamento: per iscritto. All’interno della comunicazione scritta, dovranno essere indicati anche i motivi del licenziamento, enucleati in maniera specifica ed analitica. Cosa succede se mancano questi requisiti: il licenziamento è inefficace.

E’ possibile licenziare tramite mail, Whatsapp o Sms?

 Per quanto riguarda le mail è la stessa Cassazione a prevedere che il licenziamento è valido con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento. Ciò che conta maggiormente è la certezza che l’email venga a conoscenza del lavoratore. Tale certezza potrebbe dipendere semplicemente dalla risposta del lavoratore alla mail ovvero qualunque altra comunicazione del lavoratore con la quale si desuma che ne abbia preso visione. Numerose pronunce giurisprudenziali, oramai, accettano il licenziamento tramite Whatsapp in quanto esso rappresenta il contatto telefonico del lavoratore. Anche per gli sms la risposta è affermativa. In tutte e tre queste particolari forme di comunicazione coesistono infatti gli elementi necessari a rendere valido il licenziamento:

  • Inequivocabilità della provenienza della comunicazione e quindi del mittente;
  • Inequivocabilità della volontà del datore di lavoro;
  • Certezza della ricezione del lavoratore.

Il licenziamento orale non ha alcun valore, è inefficace.

Come si impugna il licenziamento

Il termine per impugnare il licenziamento è di 60 giorni dalla comunicazione ricevuta per iscritto. Può impugnare il licenziamento il lavoratore che ritiene di aver subito un licenziamento ingiusto ovvero illegittimo.

L’impugnazione perde efficacia se nei centottanta giorni successivi non è seguita dal deposito del ricorso giudiziale in tribunale (sezione lavoro) o dalla comunicazione al datore di lavoro della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Decorso il termine di 180 giorni dall’impugnazione senza che il ricorso sia iscritto l’impugnazione perde efficacia e non è più proponibile. Il licenziamento sarà quindi definitivo ed il lavoratore non avrà più alcuno strumento di tutela.

Nel caso del tentativo di conciliazione o di arbitrato di lavoro, qualora il datore rifiuti la conciliazione o non venga raggiunto alcun accordo, il ricorso dovrà essere depositato entro 60 giorni.

Onere della prova nel licenziamento

Spetta al datore. Sarà lui in causa a dover dimostrare la genuinità del licenziamento e la sussistenza sia della giusta causa che del giustificato motivo di licenziamento.

Revoca del licenziamento.

Il datore può revocare il licenziamento entro 15 giorni dalla comunicazione al lavoratore, oppure entro 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione del licenziamento. Con la revoca il rapporto di lavoro verrà ripristinato in toto come se nulla fosse accaduto.